Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

martedì 20 gennaio 2015

Il bambino perduto


La Francia ritratta nell'immediato dopoguerra: rovine, mercato nero, rancori e sospetti tra ex-collaborazionisti e non e poi orfani. Soprattutto l'orfanezza è rappresentata da Marghanita Laski (1915 - 1988) nel suo Il bambino perduto (Little Boy Lost, 1949), ma con discrezione e gratitudine rivolta a quanti se ne occuparono, durante e dopo la guerra, senza neppure disporre di risorse sufficienti per sfamare, accudire e istruire gli orfani.
Migliaia di bambine e bambini furono infatti raccolti, più che accolti, negli orfanatrofi d'Europa all'indomani del conflitto: 50000 in Cecoslovacchia, 280000 in Jugoslavia, 60000 in Olanda, 30000 in Romania, 50000 in Germania, come ricorda Anne Sebba nella postfazione dell'edizione inglese del libro. Nessuna sorpresa se osserviamo l'identico scenario, oggi,  risultato dei tanti conflitti in corso: sono sempre i piccoli a pagare il prezzo più alto.
Già pubblicato in Italia da Bompiani nel 1953, il libro è disponibile nella ristampa di Nottetempo, con la traduzione di Ginevra Bompiani.
Nel romanzo seguiamo un uomo, un poeta e intellettuale inglese, che va alla ricerca del suo bambino, sorretto da indizi sommari e motivato da un incerto sentimento di paternità. Prima della guerra aveva vissuto a Parigi con la moglie francese, poi lo scoppio del conflitto gli impose di tornare in Gran Bretagna. La moglie diede alla luce un bambino, che l'uomo fece appena in tempo a vedere nella culla, prima della sua partenza. La donna morì poi per mano dei nazisti e il loro bimbo, di due anni, venne affidato ad amici, coinvolti nelle attività della  Resistenza, a loro volta costretti ad affidarlo ad altri. Una catena di aiuti che rende difficile tracciare il percorso  del bambino. Infatti, l'identità della creatura, che gli viene indicata come figlio, non è chiara  e non sono possibili riscontri perché tutti i soggetti a lui legati sono morti o dispersi. 
Allora vediamo l'uomo dibattersi  tra la promessa fatta alla moglie di ritrovare il loro bambino e averne cura e il timore di cambiare le sue abitudini di vita, attestate su una comoda routine, con  tutte le priorità salvaguardate, mentre avverte soltanto una timida tenerezza, che non basta neppure ad abbracciare il piccolo e una voce interiore alimenta il dilemma: e se questo bambino non fosse mio?
Nell'arco di una settimana si snoda il suo percorso di consapevolezza: ricerca, conoscenza del bimbo, tentativi  maldestri di amicizia, riflessioni, ripensamenti,  fino alla sofferta decisione finale. Il protagonista si muove in una cittadina francese semidistrutta e priva di attrattive e le sue azioni sono limitate dall'orario di visita imposto dall'orfanatrofio, sotto la supervisione della direttrice, che lo invita alla prudenza e a non alimentare false speranze nel bambino.
Un finale inaspettato sigilla il romanzo e lo consegna alla nostra memoria.

Little Boy Lost, Marghanita Laski, postfazione di Anne Sebba, Persephone Books, 2001( ristampe fino al 2013).
Il bambino perduto, Marghanita Laski, traduz. di Ginevra Bompiani, Nottetempo, 2005.






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