Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

lunedì 27 ottobre 2014

Figlie ingrate?

Diventiamo madri, anche nostro malgrado,  se responsabili di altri e a questi vogliamo bene, in forza di una maternità degli affetti che si contrappone, o sovrappone, a quella biologica, uterina.
Molte, fra noi, hanno vissuto pienamente questa esperienza.
Quando l'altra da noi, di cui prenderci cura,  è la nostra stessa madre, il rapporto è più complesso, intessuto di ricordi, bloccato dalle frustrazioni e dai rimpianti.
Ne La passione di una figlia ingrata, Saveria Chemotti assegna a Gilda, l'io narrante, il compito di ri-tessere una relazione filiale che la distanza delle scelte di vita ha sfilacciato, nel corso del tempo.
La madre è ospite in una casa di cura, organizzata secondo i precetti di "un nuovo umanesimo nell'assistenza all'anziano", e ripropone "le caratteristiche di un caldo ambiente domestico". Tuttavia rimane, per parenti e visitatori occasionali, "un girone infernale": gli ospiti, seduti sulle sedie a rotelle, hanno lo sguardo perso, sono "vecchi sopraffatti da una vita senza più desideri, senza alcun contatto con la realtà. Vuoti a rendere".
Ogni giorno, d'estate, vincendo lo sgomento, Gilda si reca a trovare la madre, la accompagna al parco, spingendo la carrozzella e facendosi largo tra quanti salutano, le tendono la mano, aspettano un sorriso. E poi, cura il suo aspetto e le parla amorevolmente, ricevendo, in cambio, solo rimbrotti senza senso, rifiuti ostinati, urla. Intanto, dipana il filo dei suoi pensieri nella matassa aggrovigliata delle vicende parentali e sue, di figlia che ha scelto di andare altrove per far avverare i suoi sogni. Nella casa paterna, tra arredi e oggetti di epoche e appartenenze diverse, permette alla sua memoria di seguire un percorso doloroso di consapevolezza.
La nonna Linda le ha colorato l' infanzia di episodi lieti e l'ha protetta, con sano pragmatismo, dal prossimo e da sua madre, apparentemente persa nell'amore esclusivo per il marito.
Ma in una scatola rossa, riposta in un armadio, scopre i frammenti autografi della madre, appunti sinceri di vita quotidiana in cui si rivela alla figlia con l'immagine di una donna "dalla solarità mite" e dal piglio arguto, per nulla anaffettiva, semplicemente tesa alle priorità che si era data, per poter sopravvivere al controllo sociale, nutrito di pregiudizi sul suo conto.
Infine, Gilda coglie un altro valore nell'atteggiamento materno e nell'opposizione paterna, leggendoli come spazio neutro di crescita in cui ha potuto sviluppare la sua alterità e realizzarsi come persona.
Forse, siamo tutte figlie ingrate, almeno fino a quando non riusciamo ad arrivare, nella mente e nel cuore, alla restituzione piena del tanto che abbiamo ricevuto.

La passione di una figlia ingrata, Saveria Chemotti, L'Iguana editrice, 2014.

lunedì 13 ottobre 2014

Margaret Drabble



E' una letterata più che una narratrice, i suoi testi sono intessuti di riferimenti simbolici e citazioni esplicite della grande tradizione letteraria inglese, da Austen, a Bronte, a Woolf e la lettura che ne consegue è un'esperienza affascinante ma complessa da descrivere.

Margaret Drabble nasce nel 1939 e compie studi classici a Cambridge. Sorella minore della più famosa Antonia Byatt e a lei legata, o divisa,  da burrascosi trascorsi, ha scritto del rapporto tra amiche, sorelle e, più in generale,  della crisi della famiglia ma la sua attenzione al sociale e al dettaglio quotidiano non le ha impedito di prodursi in opere di scrittura sperimentale e distinguersi nell'ambito della critica letteraria e della biografia.
Sebbene molto apprezzata nel suo Paese, resta solo parzialmente conosciuta in Italia fino al 1998, quando Luciana Tufani Editrice pubblica  La via radiosa (The Radiant Way, 1987) e nel 2000, La cascata (The Waterfall, 1969) con le raffinate traduzioni di Giorgia Sensi che rispettano l'armonia del testo originale e lo restituiscono intatto e vero.

La via radiosa, primo di una trilogia (Natural Curiosity, 1989  e The Gates of Ivory, 1991) è, per alcuni aspetti, un libro datato per le situazioni che presenta, "figlie" dell'approccio libertario che seguì gli anni Settanta e perciò estranee alla realtà delle donne nate dopo il grande spartiacque delle lotte femministe. Tuttavia si pone come una lettura feconda di stimoli, proprio in questo momento in cui si mette addirittura in forse la validità del Femminismo. Nel libro, Liz, Ester e Alix, amiche dai tempi dell'università, nonostante i diversi percorsi di vita, si ritrovano in svariate occasioni; nei loro discorsi, frequenti richiami ai fermenti del Movimento nascente, echi di storia familiare, in una cornice di indagine sociologica non pedante che si schiude, almeno per loro, ad un futuro altrettanto "radioso".


La cascata sembra rivolgersi ad un pubblico anagraficamente trasversale, per i temi che tratta: tradimento, adulterio e desiderio femminile indagato nel conflitto tra maternità e sessualità. I palati più esigenti si gioveranno delle metafore e dei simbolismi che percorrono tutto  il romanzo o, più semplicemente, scopriranno punti di vista diversi nell'alternarsi del racconto in prima e terza persona. Per ammissione dell'autrice, si tratta di un'opera di "narrativa poetica sperimentale" però la definizione non deve inibire perché la lettura, come si sa, è anche una "riscrittura" del testo (Umberto Eco docet) e ognuno vi rintraccia quello che preferisce o che serve al momento.

Come già Doris Lessing, Drable non ha mai ufficialmente aderito al Movimento delle Donne, ma nei suoi testi emerge l'obiettivo di autorealizzazione delle protagoniste, perseguito, a mio parere,  con una buona dose di sofferenza ne La cascata e con divertita ironia ne La via radiosa.
Entrambi romanzi non lievi, eppure imperdibili.

La via radiosa, Margaret Drabble (The Radiant Way), traduz. di Giorgia Sensi,  Luciana Tufani Editrice, 1998.
La cascata, Margaret Drabble (The Waterfall), traduz. di Giorgia Sensi, Luciana Tufani Editrice, 2000.



giovedì 9 ottobre 2014

udite, udite!


Dopo quasi due anni di dignitoso understatement, Lauradeilibri si è decisa:
1. a cambiare il look (qualcuno se n' è accorto? Gradito un cenno!)
2. a debuttare su Facebook

1. Il "cambio di vestitino"è un omaggio alla matita talentuosa di Quentin Blake, che ha disegnato il ritratto di Matilde, una bambina lettrice formidabile, nata dalla prodigiosa fantasia di Roald Dahl.






Se mi spertico in lodi è perché sto parlando di due giganti della letteratura per l'infanzia che, nel nostro Paese, non sono apprezzati come meriterebbero.
Il loro sodalizio artistico ha creato personaggi indimenticabili, colti da Blake nei loro aspetti qualificanti, pensiamo alla Spezzindue in Matilde, terribile direttrice dalla forza sovrumana.
Roald Dahl (1916 - 1990) era tenacemente dalla parte dei bambini e delle bambine, contro i soprusi degli adulti. Durante la sua infanzia, nel mondo britannico e non solo, nelle scuole erano in voga le bacchettate sulle dita, pedagogicamente giustificate come altre pene corporali. Diventato scrittore, è andato oltre la semplice denuncia perché ha saputo contaminare la realtà con i territori del fantastico, innestandosi nell'immaginario dei bambini, là dove risiedono le loro paure e suggerire delle scappatoie di fulminante umorismo.
Ha lasciato un'eredità di storie che continua ad affascinare e, per chi si sentisse tentato, e non avesse timore di sminuirsi, leggendo storie per ragazzi/e, consiglio questi titoli, tutti editi da Salani:
Matilde, Le Streghe, Gli SporcelliLa fabbrica di cioccolatoIl GGG.Grande Gigante Gentile...
Il divertimento è assicurato.

2. Non dico lo sbarco sulla luna, ma quasi. Il debutto su Facebook, con annessi e connessi, è stato pensato, ripensato, rimosso, ripescato e infine effettuato (e ri-effettuato!)
Così sia, o meglio, così fan tutti.
https://www.facebook.com/pages/Lauradeilibri/1394028444171138?fref=ts

lunedì 6 ottobre 2014

Curarsi con i libri

Un evviva per le autrici di questo manuale di medicina sui generis.
Infischiandosene delle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, qui ci fanno trovare, sullo stesso piano, i dolori del corpo e quelli del cuore, le difficoltà pratiche che causano tormento e le grandi sfide della vita. Con la differenza che i rimedi taumaturgici non dovranno essere cercati in farmacia o in erboristeria e nemmeno presso qualche psicanalista, basterà recarsi in libreria, o in biblioteca o curiosare su qualche bancarella.
Elencati in ordine alfabetico, da Abbandono a Xenofobia, scoviamo la voce che ci interessa, sia essa Appendicite o Diarrea, Superlavoro o Superstizione, Mal d'Amore o Claustrofobia o qualunque altra. Accingiamoci a leggerne la diagnosi con il dovuto rispetto e sorbiamoci il balsamo suggerito: "un romanzo (o più d'uno) da leggere a intervalli regolari".
Provare per credere, non previsto rimborso.
Una prescrizione che manderà in sollucchero tutti i topi da biblioteca e i bibliomamiaci, ma anche i nostri vicini di casa che potrebbero, di conseguenza, giovarsi del grande silenzio proveniente dalla nostra magione.
Se, come accenna Fabio Stassi nella prefazione, abbiamo contratto da piccoli "la lettura", è da considerarsi "la più fortunata delle malattie croniche" e non ci resta che inocularci "dosi controllate" di letteratura.
Con una precauzione, bugiardino docet, ricordarsi di leggere per vivere e non vivere per leggere.
Concludendo, questo libro non si rivolge solo a lettori forti e a librai e bibliotecari, perché è consigliabile a tutti: accademici e fashionisti, workaholic e fannulloni, disoccupati, pensionati, studenti, artisti, politici, ... e, of course, medici.


Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno, Ella Berthoud, Susan Elderkin (The Novel Cure), trad. di Roberto Serrai, a cura di Fabio Stassi, Sellerio, 2013.

(per una volta, Lauradeilibri è stata scherzosa, ma l'opera presta il fianco... anche se è seriamente costruita e si guadagna un posto sui nostri coffee table)


domenica 5 ottobre 2014

Unusual London


Il cielo di Londra può riservare delle sorprese a chi è nato a Sud delle Alpi. Da queste parti, le cime più alte d'Europa trattengono le nubi e conferiscono un grigiore pressoché sconosciuto ai Londinesi, avvezzi ad una sensazione di infinito, di apertura e vastità che noi assaporiamo solo pochi giorni all'anno.
Simonetta Agnello Hornby, camminando a lungo sotto un cielo di questo tipo, accompagnata da un nume tutelare, Samuel Johnson, ci e si racconta ne La mia Londra. Il libro, per usare le sue parole, "non è una guida turistica, non è una biografia, non è un romanzo, non è un saggio letterario e nemmeno un testo sociologico, ma una dichiarazione d'amore a una grande città e ai suoi abitanti".
Sfoderando una lingua diversa da quella usata nei suoi romanzi (ne ho parlato nel post Donne che scrivono), più giornalistica e meno inficiata di siciliano, lascia affiorare qua e là il suo empatico tocco, ed è subito innamoramento per i luoghi e le persone che descrive. Da scordarsi le immagini folkloristiche veicolate dalle brochure, qui si parla di immigrazione, charity shops, vicini di casa, bancarelle, librerie, giardini, chiese, mendicanti, monarchia...
Non è una guida, è molto di più.

Di tutt'altro genere I segreti di Londra. Con la consueta scelta di parole, ricercata ma non barocca, Corrado Augias comincia con l'interrogarsi su come erano visti gli italiani dagli inglesi, in passato,  e non è un ritratto lusinghiero; prosegue poi con una galleria di personaggi noti, facendo incursioni nell'arte, nella storia e nella letteratura.
Ci conduce in una Londra affascinante e talvolta cupa,  in cui mistero e carisma dei personaggi che vi hanno vissuto e storie che affondano ragioni nel passato, concorrono a tratteggiare il quadro di una città unica, vibrante, tutta da scoprire.
Un'occhiata all'indice, quasi fosse un menù:
- Uno spettro nella notte
- Elementare, Watson!
- Le ceneri dell'Impero
- La dama con la lampada
- La principessa pop
... ...
Non è invitante?

La mia Londra, Simonetta Agnello Hornby, Giunti, 2014.
I segreti di Londra, Corrado Augias, Mondadori, 2003.