Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

giovedì 6 giugno 2013

eternit


Chi non sa nulla dell'eternit, può considerarsi fortunato.
Chi si è imbattuto nelle sue conseguenze, molto meno.
Ma non è solo una questione di fortuna/sfortuna che lega l'eternit alla sorte di migliaia di persone nel mondo e, in Italia, specialmente alla città di Casale Monferrato. E' una storia di malattia e morte e la sentenza di appello del tribunale di Torino, pochi giorni fa, non ne segna ancora la fine.
Le vittime, ovunque siano, non se ne possono giovare e i loro familiari aspettano da decenni pillole di risarcimento. Tuttavia, le associazioni che si sono battute perché venisse riconosciuta la nocività del prodotto che usciva dagli stabilimenti Eternit, possono ora assegnarsi almeno un punto.
Confermata e lievemente accresciuta la condanna a diciotto anni di reclusione ( inferiore ai venti richiesti dall'accusa) al proprietario, Stephan Schmidheiny, ma ridotti i tempi di sua responsabilità penale, dal 1976 al 1986 e cancellato completamente il ruolo del comprimario, il già deceduto Louis De Cartier.
Non ci sono sufficienti motivi per rallegrarsi, giusto la possibilità di sperare, come ha sottolineato Bruno Pesce (responsabile AFEVA, Associazione Familiari E Vittime Amianto), che d'ora in poi non si possa più lucrare impunemente sulla salute dei lavoratori.
La miscela nefasta di amianto e cemento, identificata con il marchio di fabbrica che l'ha prodotta, viene ancora usata nei tre quarti del mondo e si può "conoscere" con una semplice ricerca che anche scolare e scolari della scuola primaria sarebbero in grado di compiere facilmente: storia, composizione, diffusione, effetti, studi, denunce, vittime.
Ma quanto e come abbia rappresentato una (falsa) promessa di lavoro, guadagno, riscatto sociale, modernità, è argomento più complesso, perciò mi affido alla narrativa che, senza cifre e analisi, parla un linguaggio sempre attuale e scatena emozioni vere.
Ternitti,  di Mario Desiati (Mondadori, 2011), è una storia emblematica di emigrazione, dalla Puglia alla Svizzera, per sopravvivere all'indigenza e, magari, ritornare nel proprio paese con un gruzzolo che permetta una vita dignitosa.
C'è amore, tenacia, anticonformismo in Domenica Orlando, detta Mimì, costretta in una vetreria dismessa, accampata con altre famiglie come la sua, diventate anch'esse di vetro, perché svuotate di intimità.
E la sua vita, la sua ricerca di felicità, andranno di pari passo con la "tosse catramosa", uno dei tanti regali di ternitti, lu ternitti, come suonava eternit, tradotto in pugliese.
Fatti e luoghi autentici, ma personaggi irriconoscibili in questo libro, trasformati dalla penna affettuosa e puntuale di Desiati. Un modo  per raccontare il disastro umano e ambientale di un lavoro sognato e rincorso che non ha mantenuto la sua promessa.

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