Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

sabato 30 marzo 2013

Happy Easter



Happy Easter, Buona Pasqua



Un testo legato alla festività potrebbe essere quello scomodamente collocato nello scaffale più alto della (mia) libreria, forse non particolarmente apprezzato, ad una prima lettura e poi lì dimenticato.
Ma vale sempre la pena di rileggere, magari per scoprire che l'argomento, a dispetto del titolo, si può ridurre, in definitiva, al carisma che sembrano possedere certe persone, tale da indurre le folle al loro seguito, scatenare consensi e dissensi.
Allora cambio decisamente libro perché, Pasqua o non Pasqua, l'argomento è di grande attualità come una certa fiaba che, se non strapperà qualche sorriso, farà riflettere, o le due cose insieme.
Il pifferaio di Hamelin, come si racconta, aveva svuotato un paese di tutti i suoi topi e poi, non avendo ricevuto la ricompensa promessa, si era vendicato attirando dietro di sé tutti i bambini, così privando il luogo del suo futuro.
Di questi tempi non difettiamo di pifferai, speriamo non venga meno il nostro futuro.

Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l'antica pia favola dell'ovo.



Il testo cui accennavo è Pasqua rossa, di Alberto Bevilacqua, Einaudi, 2003.
Il pifferaio di Hamelin è una fiaba molto antica, risale probabilmente al 1300 e, come tutte le storie, era tramandata oralmente; a cimentarsi con la trascrizione sono stati in molti, tra cui i fratelli Grimm, in Germania, all'inizio del 1800, nel loro Saghe germaniche, e poi anche Robert Browning, in Inghilterra, sempre nella prima metà dell'800, ne fece un'arguta versione poetica. Mi piace qui ricordare l'attualizzazione operata da un grande autore per l'infanzia, Roberto Piumini ne Il Pifferaio di Hamelin, illustraz. di Mirella Mariani, EL, 2011.
Il frammento poetico è contenuto invece in Guido Gozzano. Tutte le poesie, a cura di Andrea Rocca, Mondadori, 1980.


mercoledì 20 marzo 2013

In the Name of The father

 E' del 1993 il film di Jim Sheridan che ci consegna una figura indimenticabile di padre amorevole e protettivo, pronto a condividere il carcere con il figlio, in nome della sua innocenza.
Dopo aver parlato di individui che commettono femminicidi, pare doveroso dedicare un pensiero a quegli uomini che si fanno padri, anche se la loro festa era ieri, ma Lauradeilibri arriva sempre in ritardo o in anticipo, mai in tempo.

Quando esce in Italia Verso una società senza padri, di Alexander Mitscherlich, corre l'anno 1963 e cinquant'anni dopo possiamo ammettere il percorso di superamento della funzione patriarcale, con la censura dell'etica autoritaria che produce obbedienza, sottomissione e distanza affettiva. Possiamo altresì convenire che il processo non sia del tutto compiuto e oggi i padri si stiano ancora interrogando sul tipo di autorevolezza da esprimere, sovente accusati di essersi maternalizzati e di aver smarrito la vocazione a trasmettere valori o di essere padri assenti.
Non è semplice neppure per loro.
Qualche libro per parlarne con amici, amiche e compagni/e di vita.
Padri nostri. Archetipi e modelli delle relazioni tra padri e figlie, a cura di Saveria Chemotti, è una raccolta di saggi che indagano la figura del padre, con un'ottica di genere, sotto il profilo letterario, storico, filosofico, psicanalitico.
Il senso dell'elefante, la devozione verso i piccoli del branco, indipendentemente dal legame di sangue, quello evocato nel titolo di questo romanzo dall'intreccio imprevedibile, giocato sul piano degli affetti più profondi che sfidano le convenzioni sociali e custodiscono  segreti.
Gad Lerner nel suo Scintille. Una storia di anime vagabonde si avventura nel gilgul familiare senza nascondere il fardello che rappresenta il rapporto con il padre, incapace di condividere la sua esperienza dolorosa.
L'autore ci porta a Beyrut, Aleppo, non ancora sconvolta dalla guerra civile, in Israele e poi a Boryslaw, in Ucraina. Proprio là, dove adesso le felci e i lamponi ricoprono quelle che furono le fosse comuni,  si consumò lo sterminio di tredicimila ebrei, un intero ramo della famiglia Lerner,  "E' singolare" afferma nel suo racconto "come gli ebrei dedichino ai morti una preghiera piena di speranza, in cui si esalta la magnificenza del Signore ignorando completamente il dolore della perdita". 
Daria Bignardi ne L'acustica perfetta assume un punto di vista maschile e forgia una lingua modellata sul pensiero interiore per disegnare una trama che attraversa  i tredici anni di vita insieme di una coppia. La voce narrante è quella di un padre costretto dai fatti ad accollarsi il lavoro di cura dei figli, con le complicazioni che seguono all'inevitabile cambio di abitudini. E' un'analisi sottile, profonda e al tempo stesso lieve, quasi pizzicata sulle corde di un violoncello, lo strumento che suona il protagonista, un uomo convinto di amare sua moglie in modo perfetto perché "non c'è nulla che io non abbia fatto per lei", ma quanto si conosce veramente la persona con cui viviamo?
Una storia ambientata ai giorni nostri, tra le nebbie milanesi e la Sardegna più aspra e selvaggia, racconta  un amore che insegna "il colore del rimorso, della pena, la gioia di averti fino al dolore"sublimato nella musica.






Scintille. Una storia di anime vagabonde, Gad Lerner, Feltrinelli, 2009.
Il senso dell'elefante, Marco Missiroli, Guanda, 2012.
Padri nostri. Archetipi e modelli delle relazioni tra padri e figlie, a cura di Saveria Chemotti, Il Poligrafo, 2010.
L'acustica perfetta, Daria Bignardi, Mondadori, 2012.

lunedì 18 marzo 2013

Eredità

 Due libri diversi tra loro per scrittura e contenuto, ma legati entrambi al concetto di eredità, nel senso letterale e concreto del termine e nel significato profondo di retaggio culturale e viatico per il futuro.
Una famiglia ebrea, di origini russe, si tramanda, attraverso vicissitudini varie, paesi ed epoche, una collezione di duecentosessanta netsuke
Se non sapete che cosa sono, alla pag. 21 delle 397 di Un'eredità di avorio e ambra, Edmund de Waal ne fa cenno, senza spiegare proprio tutto, giusto qualche informazione su colori e materiali "più leggeri dell'avorio" e che "c'è una vaga lucentezza sul filo della groppa del lupo striato" inoltre "alcuni hanno intarsi di ambra o di corno per gli occhi". Forse uno stratagemma per accattivarsi l'attenzione di chi legge o un gesto rispettoso per non sottovalutarne la competenza.
Tali netsuke, acquistati a Parigi attorno al 1880, da un lontano zio dell'autore, Charles Ephrussi,  passano poi a Vienna, regalati ad un altro parente per le sue nozze, quindi a Tokyo ed infine a Londra, sistemati in una vetrinetta nella casa di de Waal, ultimo erede. Questi, ceramista e storico dell'arte, proprio
a partire da essi, decide di ricostruire la storia della sua famiglia, contestualizzandola nella storia più grande dell'Europa, sconvolta da due guerre e ferita dal passaggio dei nazisti, alle cui razzie, inspiegabilmente, sfugge l'insolita collezione.
Intraprende un vero e proprio viaggio sulle tracce degli Ephrussi, commercianti di cereali e poi banchieri e collezionisti d'arte; visita le città dove vissero, ne descrive le case d'abitazione, spiega le ragioni che ispirarono il loro stile di vita e storia, arte, architettura, urbanistica si fondono in un grande affresco, senza nostalgia né malinconia. 
Perché "gli oggetti sono sempre stati trasportati, venduti, scambiati, rubati, recuperati e perduti. Le persone hanno sempre fatto regali. Quello che conta è come racconti la loro storia".
Il diario della bisnonna Rosa motiva Lilli Gruber nel suo itinerario in Sudtirolo alla ricerca della Heimat (patria) che fu dei suoi avi. In Eredità, riassegna toponimi tedeschi alle località, non per sentimento anti-italiano, ma per un gesto di doverosa restituzione, almeno sul piano narrativo, di una memoria geografica negata ad un territorio conteso da Austria e Italia.
E proprio il costo umano della contesa, sempre sottovalutato e ignorato dai decisori politici, affiora con tristezza nel diario di Rosa, nata nel 1877, in una famiglia di proprietari terrieri. Quando comincia il diario, nel 1902, la sua casa è in territorio austriaco ma, come effetto della prima guerra mondiale, nel 1918 passa sotto il governo del Regno d'Italia. Dalla sua stube, Rosa è importante punto di riferimento per la comunità, dirige con polso fermo gli affari e veglia su tutti gli aspetti della vita familiare, sostenuta dalla fede cristiana e da una disciplina di carattere che non verrà mai meno.
Il ventennio fascista porta altri problemi agli abitanti del luogo, quali il divieto di parlare tedesco e l'istruzione obbligatoria impartita in italiano. Un cambiamento radicale di abitudini che, accompagnato dalla progressiva occupazione dei posti più importanti nell'amministrazione pubblica, da parte dei romani, non mancherà di alimentare un profondo malcontento.
L'atteggiamento verso i Welschen, così erano chiamati gli italiani, sfocia in un sentimento di aperta ribellione che trova sfogo nel nazionalsocialismo professato da Hitler: si confida nelle sue teorie per la propria sopravvivenza.
Per risolvere il problema sudtirolese, il regime fascista presenta nel 1939 le famose Opzioni: in pratica i cittadini di lingua tedesca sono liberi di abbandonare casa e proprietà italiane e andare in territorio germanico dove receveranno non ben precisati equivalenti beni. Divisi in Optanten e Dablaider, impauriti dalle incerte prospettive, i sudtirolesi alternano promesse e minacce per convincersi a vicenda, lacerando amicizie e legami familiari.
Il diario di Rosa si interrompe nel 1940, tutto il suo mondo è crollato ma, sottolinea Lilli Gruber, italiana, europea e profondamente sudtirolese, non il suo sogno perché "la storia non è ancora finita".
Due libri, due viaggi per raggiungere quel luogo indefinibile dove dimorano le memorie affettive.

Un'eredità di avorio e ambra, Edmund de Waal (The Hare with Amber eyes. A Hidden Inheritance, traduz. di Carlo Prosperi), Bollati Boringhieri, 2011.
Eredità. Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo, Lilli Gruber, Rizzoli, 2012.



giovedì 7 marzo 2013

8 marzo



Se dare i numeri denota squilibrio psichico, 93%, centotrentasette, centoventi 
sono la follia che si chiama Femminicidio.
La percentuale si riferisce alle violenze non denunciate, perpetrate dal coniuge o ex coniuge; centotrentasette le donne uccise nel 2011, centoventi nel 2012 e già più di cinquanta in questo quarto di 2013.
Se questi sono gli uomini, di Riccardo Iacona, riporta queste cifre insieme alle testimonianze dei parenti di alcune tra le vittime,  incontrati sulle tracce di un ammazzamento da Nord a Sud, che interessa i piccoli come i grandi centri del nostro Paese. Un fenomeno da considerare tale,  smettendo di analizzare i singoli omicidi quasi fossero un caso isolato.
Accompagnato dalla collega Sabrina Carreras, l'autore ha cercato di arrivare sul posto appena dopo la scoperta del delitto, perché "una volta che la marea emotiva si abbassa, non è più la storia di tutti, ma solo un  fattaccio che non ci riguarda". Invece quando "l'emozione è ancora alta [...] è il momento in cui si possono cogliere sprazzi di verità, dove ci si interroga veramente [...] poi scattano le difese e la comunità si richiude a riccio". La donna torna ad essere la povera sfortunata che ha incontrato l'uomo sbagliato e il silenzio dei vicini e conoscenti copre tutto, anche i segnali premonitori della tragedia, fino ad accettare la conclusione di morte.
Per Iacona, "quelli che uccidono le donne è come se vivessero in un mondo loro, dove sono altri i rischi, i pericoli, le priorità. Non pensano al futuro, né al loro né a quello dei loro figli, pensano a come scaricare tutto sulla propria donna, a come annientarla, cancellarla".
L'autore auspica che i partiti e il governo mettano la lotta alla violenza contro le donne tra le priorità dell'agenda politica e l'informazione ne faccia "la grande questione nazionale".

8 marzo. Se questi sono gli uomini, ricominciamo dal rispetto e riflettiamo, come donne (potenziali vittime?) sul ruolo attivo che siamo chiamate ad assumere per modificare il corso degli eventi, per non continuare a morire per un malinteso sentimento d'amore.
Potremmo tentare di modificare le nostre condotte educative nei confronti dei figli maschi,  sovente cresciuti come piccoli tiranni fragili, a cui tutto è dovuto e perdonato; guidarli ad assumersi le loro responsabilità senza farci sindacalisti delle loro battaglie nel difenderli ad oltranza.
Potremmo riservare loro la stessa abitudine all'aiuto domestico che  esigiamo dalle nostre figlie.
Potremmo agire negli spazi parlamentari per far approvare una legge che riconosca e punisca il Femminicidio, quale reato.







Al nostro posto. Donne che resistono alle mafie, di Ludovica Ioppolo e Martina Panzarasa presenta sei storie di donne che operano in ambiti diversi ma hanno un impegno comune.
"L'antimafia è donna" afferma Nando Dalla Chiesa nella prefazione, e si concretizza nel coraggio di una scelta coerente di vita per "non svendere principi e valori" con la speranza di cambiare il mondo.
I proventi della vendita di questo libro vengono devoluti a Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie).



Se questi sono gli uomini, Riccardo Iacona, Chiarelettere, 2012.
Al nostro posto. Donne che resistono alle mafie, Ludovica Ioppolo e Martina Panzarasa, Transeuropa, 2012.



domenica 3 marzo 2013

Sua Santità


"In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza" parola di Joseph Ratzinger, da Sua Santità a Papa emerito.
Nemmeno  Gianluigi Nuzzi aveva immaginato questo iter nel libro che disegna una mappa della corruzione nei sacri palazzi, si diffonde sull'ambizione di potere di Tarcisio Bertone e informa sulle ingerenze vaticane nella politica italiana.
Carte segrete fatte trapelare da una fonte sicura che l'autore chiama convenzionalmente Maria, ma lascia intendere che possa esistere un gruppo più ampio di persone che avrebbe operato con discrezione per diffondere tali documenti, anche se "in Curia permane una volontà omissiva dei fatti".
Considerato da molti fedeli un pontefice dogmatico e distante dai problemi della Chiesa, dalle pagine di questo libro emerge piuttosto il ritratto di uno studioso colto, una persona dinamica con un grande desiderio di verità. Dal suo ufficio semplice, con la scrivania in legno e le poltroncine basse, lavora(va) come "un pastore che segue con attenzione le criticità della vita quotidiana, cercando di imporre un cambiamento talvolta ostacolato".
Di questi tempi, una lettura utile, per non fermarsi allo stupore e alle congetture.

Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI,  Gianluigi Nuzzi, Chiarelettere, 2012.